Bonus pet: anche nel 2024 nessuna svolta

In Italia non esiste un Sistema Veterinario Nazionale alla stregua di quello per gli umani, pertanto, quando l’amico a quattro zampe si ammala i conti sono piuttosto salati, e senza possibilità di costi calmierati.
Ma è possibile accedere a un Bonus Animali Domestici 2024 per risparmiare o recuperare i costi?

Purtroppo al momento non si può parlare di un vero e proprio Bonus per gli animali domestici, ma di una detrazione sulle spese già sostenute. Che sono piuttosto variabili: da poco meno di 100 euro per una prima visita ad alcune centinaia di euro per interventi di routine, come la sterilizzazione.
Per non parlare dei costi per interventi chirurgici straordinari, che possono richiedere anche l’esborso di diverse migliaia di euro.

Spese obbligatorie: dal microchip alle vaccinazioni

Spesso si tratta di circostanze impossibili da evitare. Come, ad esempio, il microchip obbligatorio previsto per i cani su tutto il territorio nazionale, oppure le vaccinazioni per prevenire determinate malattie. O ancora, l’insorgenza di patologie croniche dovute all’età dell’animale.
A tutto ciò si aggiunge un’alimentazione sana, costituita da prodotti di qualità che utilizzano materie prime certificate per far sì che la salute del pet non risenta troppo del passare del tempo.
In sostanza, secondo un’indagine effettuata da Federconsumatori per il mantenimento di un cane si possono spendere all’anno fra i 1.700 e i 2.500 euro, in base alla taglia e all’età, mentre per un gatto in media circa 1.200 euro annuali.

Detrazione sulle spese veterinarie

Nel corso degli anni si è discusso sulla possibilità di introdurre agevolazioni per consentire ai detentori di animali di recuperare almeno in parte le spese veterinarie sostenute.

La più ‘famosa’ risale al 2022, quando l’onorevole Michela Vittoria Brambilla aveva proposto un bonus di 150 l’anno per ciascun animale domestico iscritto all’anagrafe (fino a un massimo di tre) destinato a tutti coloro con reddito ISEE inferiore a 15.000 euro. Tuttavia, la proposta non è stata inserita nella Legge di Bilancio 2023.
Qualunque sia la spesa annuale destinata al pet c’è comunque la possibilità di recuperare in parte quanto sostenuto tramite la detrazione del 19% prevista a livello nazionale.

Requisiti per la detrazione

La legge prevede la possibilità di presentare al massimo 550 euro di spese sostenute alle quali viene sottratta una franchigia di 129,11 euro. Sul risultato, si applica la detrazione.

Presentando tutte le fatture accumulate per le prestazioni veterinarie si possono quindi ricevere fino a circa 80 euro di rimborso.
Tale agevolazione non è però prevista per tutte le spese sostenute per l’animale domestico, ma solo per le visite ambulatoriali effettuate dal veterinario, le analisi di laboratorio, gli esami diagnostici (come lastre ed ecografie), gli interventi chirurgici e i giorni di ricovero presso cliniche veterinarie.
Inoltre, i farmaci destinati agli animali, con o senza ricetta, purché siano acquistati in farmacia.

Auguri di Natale: cosa si augurano davvero gli italiani?

Gli italiani sono sempre più in affanno, e la condizione di precarietà si ripercuote anche sui buoni auspici che ci si augura a Natale. In un periodo di sfide globali che mettono a dura prova la società, emerge una profonda necessità di ritornare ai valori fondamentali e alle priorità più preziose.

Insomma, basta con i tradizionali “auguri a te e famiglia”. Ma cosa si augurano e augurano davvero gli italiani a Natale? La grande maggioranza, una vita senza stress e ansia (71%), poi prospettive lavorative migliori e stabili (59%), serenità di vivere in un mondo all’insegna della pace (66%) e salute per sé stessi e i propri cari (62%). Lo ha scoperto un’indagine promossa da Baci Perugina, e condotta su un campione di 1200 utenti web.

L’atmosfera è ideale per i buoni sentimenti

Il Natale è da sempre un periodo speciale, capace di portare serenità e magia, e far ‘rallentare’ quanto basta per riflettere sulle cose che veramente contano nella vita.
Il 64% degli intervistati attende il periodo natalizio poiché è un momento di pausa, dove alcuni gesti ricevono maggiore attenzione.

Ma non solo, c’è anche chi lo definisce ‘il periodo preferito dell’anno’ (56%) o chi lo accosta a un’atmosfera ideale per i buoni sentimenti (49%) e a sentire persone solitamente distanti (44%).

WhatsApp sostituisce biglietti e cartoncini scritti a mano

Ma come scrivono le frasi d’augurio e buon auspicio gli italiani?
Utilizzando frasi standard (25%), in modo personalizzato (24%), con citazioni d’autore (21%) oppure scegliendo versi di canzoni (18%).
Ma in un momento storico sempre più frenetico in cui tutto ciò che si vive è anche online non sorprende che per scrivere i propri biglietti d’auguri il 29% attinga da internet, dai social (26%), dai libri (22%) e il 17% chiede di scriverli direttamente all’Intelligenza artificiale (ChatGPT).

E prima ancora dei classici cartoncini scritti a mano (26%) gli italiani preferiscono inviare i propri auguri di Natale tramite WhatsApp (32%).
A seguire, i tradizionali auguri fatti a voce nel giorno di Natale o alla Vigilia (21%) e quelli scritti via e-mail a clienti e colleghi nei giorni che precedono le festività (14%).

Ai regali non si rinuncia

Non ci sono dubbi, invece, sulle persone da cui gli italiani preferirebbero ricevere gli auguri: al primo posto il partner (30%), seguiti da genitori (27%), amici (22%) e parenti (15%).
Diverso è il periodo in cui si preferisce fare i propri auguri: c’è chi li manda durante la mattina di Natale (32%) o nel corso della giornata, e chi invece la vigilia (31%), senza contare chi li invia le settimane precedenti per condividere gli auguri con colleghi, clienti e amici prima della chiusura (11%).
In ogni caso, per accompagnare un messaggio di auguri, gli italiani optano per un regalo personalizzato (26%), seguito dal tradizionale cesto natalizio (23%), gioielli (17%), giochi (14%) e le piante (13%).

Investimenti digitali nel 2024: nelle imprese previsto un incrementi dei budget dell’1,9%

Nel complesso contesto geopolitico attuale, l’Italia registra una crescita costante degli investimenti digitali, tanto che si prevede un aumento dell’1,9% nei budget ICT delle aziende entro il 2024. Tale incremento conferma il trend positivo degli ultimi 8 anni, superando le previsioni di crescita del PIL nazionale. Per quanto riguarda le grandi imprese, le spese si concentrano principalmente su sistemi di Information Security (57%), soluzioni di Business Intelligence e visualizzazione dati (45%), e Big Data Management e architettura dati (37%).
Da notare che al quarto posto, con un 31%, spiccano gli investimenti in Artificial Intelligence, Cognitive Computing e Machine Learning, in notevole crescita rispetto all’anno precedente.

La digitalizzazione porta a un incremento di organico

Secondo i responsabili delle aziende coinvolto in un’indagine mirata, l’innovazione digitale ha contribuito a un aumento dell’organico grazie a una maggiore attrattività e crescita (24% delle imprese), piuttosto che a una riduzione di personale per efficienza dei processi e automazione (14%). Tuttavia, l’impatto principale è stato una crescita della qualificazione professionale, indicata dal 50% delle aziende.

L’Open Innovation

Nel contesto di un mondo in continua evoluzione, l’Open Innovation emerge come catalizzatore di trasformazione. Nel 2023, l’86% delle grandi aziende italiane adotta pratiche di innovazione aperta, mentre nelle PMI la percentuale si attesta poco al di sotto della metà, con una crescita più lenta. Questi risultati emergono dalla ricerca condotta dagli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano.

Nelle aziende debutta la Direzione Innovazione

Nelle imprese italiane si stanno diffondendo nuovi modelli organizzativi e ruoli con responsabilità diffuse sull’innovazione. Il 41% delle grandi aziende ha formalizzato una Direzione Innovazione, mentre il 51% ha definito figure di Innovation Champion. Il 74% ha adottato azioni di “Corporate Entrepreneurship” per stimolare approcci imprenditoriali, con particolare attenzione alla formazione su competenze digitali e imprenditoriali (55%).

La principale sfida per la trasformazione digitale, secondo il 47% delle grandi imprese, è la mancanza di competenze digitali interne, seguita dalla reticenza delle persone ad adottare strumenti digitali (44%) e dalla difficoltà ad attirare professionisti con competenze STEM e digitali (34%).

I principali “motori” di innovazione? Le start up

L’Open Innovation continua a crescere, con oltre la metà delle grandi aziende che destinano un budget specifico a iniziative di questo tipo. Le società di consulenza vedranno una diminuzione delle preferenze, passando dal 25% all’18%, mentre le startup diventeranno fonte principale di innovazione per un terzo dei manager nei prossimi tre anni. Infatti la collaborazione tra aziende e startup è in aumento, con il 58% delle grandi aziende che già collabora con startup (rispetto al 33% del 2018), e l’80% che prevede di farlo nel prossimo futuro.
Tuttavia, ci sono sfide significative, come il rischio di tempi di sviluppo superiori alle aspettative (44% delle imprese).

Si può cucinare con l’acqua del rubinetto?

Si può cucinare con l’acqua del rubinetto?

Si può cucinare con l’acqua del rubinetto? Questo è quello che si chiedono un pò tutti gli appassionati di cucina.

Si tratta di un argomento molto interessante e comune a tutti noi: possiamo cucinare con l’acqua del rubinetto o dobbiamo preoccuparci di qualcosa?

Spesso ci si pone questa domanda e la risposta dipende da tanti fattori che evidenzieremo di seguito, assieme ai vantaggi e i (falsi) miti legati all’utilizzo dell’acqua del rubinetto in cucina.

Qualità dell’acqua del rubinetto

L’acqua è un ingrediente fondamentale in cucina e utilizzarne una di qualità è essenziale per ottenere piatti deliziosi e salutari.

Molti di noi potrebbero essere tentati dall’acquistare acqua in bottiglia, ma non sempre questo è necessario.

Prima di tutto, è importante comprendere che la qualità dell’acqua del rubinetto può variare da una località all’altra. In molti paesi, vengono adottate rigorose norme di sicurezza e controlli per garantire che l’acqua proveniente dal rubinetto sia potabile.

In Italia le aziende preposte alla gestione dell’acqua monitorano costantemente la qualità della stessa per garantire che questa sia sicura per il consumo umano.

Chiaramente ci sono delle zone in cui vi è una maggiore concentrazione di calcare o vi sono problemi con le tubazioni vetuste, motivo per il quale il consumo dell’acqua del rubinetto in quel caso è sconsigliato.

Vantaggi di cucinare con l’acqua del rubinetto

Una delle principali ragioni per cucinare con l’acqua del rubinetto è la sua praticità. Non sarà più necessario preoccuparsi di acquistare, trasportare e conservare bottiglie d’acqua. Basterà aprire il rubinetto e avere a disposizione tutta l’acqua che si vuole.

Tra l’altro cucinare con l’acqua del rubinetto può rappresentare un notevole risparmio dato che l’acqua in bottiglia ha un prezzo al litro decisamente superiore.

Un altro aspetto importante da considerare è l’impatto ambientale. L’utilizzo dell’acqua del rubinetto riduce la quantità di plastica generata dalle bottiglie d’acqua. Contribuirete così a ridurre l’inquinamento causato dalla produzione e dallo smaltimento di queste bottiglie.

Miti e realtà sull’acqua del rubinetto

Esistono alcuni miti diffusi riguardo all’acqua del rubinetto che possono indurre le persone a preferire alternative costose o inquinanti come l’acqua in bottiglia. Vediamo di sfatare alcuni di questi miti.

Nella maggior parte delle città italiane, l’acqua del rubinetto è sicura da bere. Le autorità locali controllano attentamente la qualità dell’acqua e adottano misure per garantirne la potabilità. Se avete dubbi sulla qualità dell’acqua nella vostra zona, potete consultare i rapporti pubblici sulle analisi dell’acqua o chiamare il vostro fornitore idrico locale.

Spesso inoltre, si sente dire che l’acqua di rubinetto altera il sapore dei cibi. In realtà l’acqua del rubinetto, quando è di buona qualità, non altera affatto i sapori.

Ad ogni modo, in alcune zone essa potrebbe presentare un sapore o un odore leggermente diverso a causa di sostanze come il cloro utilizzato per la disinfezione. Questo problema può essere facilmente risolto installando uno degli appositi depuratori acqua che possono aggiustarne il sapore e renderlo più gradevole.

Ulteriori consigli per migliorare il sapore dell’acqua del rubinetto

Se desiderate migliorare il sapore dell’acqua del rubinetto, ecco alcuni suggerimenti utili:

1. Lasciate riposare l’acqua in una caraffa aperta per alcuni minuti prima di utilizzarla. Questo permetterà di evaporare ad eventuali sostanze che alterano il sapore.

2. Utilizzate un filtro (o caraffa con filtro) per rimuovere eventuali impurità o sostanze indesiderate.

3. Fate controllare le tubazioni in casa e sostituitele se ossidate, dato che questo problema può alterare il sapore dell’acqua.

Conclusioni

In sintesi, cucinare con l’acqua del rubinetto può essere una scelta sicura, conveniente e sostenibile.

La qualità dell’acqua del rubinetto viene dunque attentamente monitorata per garantire che sia potabile e priva di contaminanti. In questa maniera è possibile risparmiare denaro, ridurre l’impatto ambientale e godere di tutti i vantaggi che l’acqua di rubinetto offre, tra tutti anche la praticità d’uso ed il risparmio a livello economico.

Dunque, non abbiate paura di utilizzare l’acqua del rubinetto per cucinare i vostri piatti preferiti.

Godetevi la praticità, il risparmio e il gusto delizioso che potrete ottenere semplicemente aprendo il rubinetto. Buon appetito!

Smart TV: nel 2023 sorpassano quelle tradizionali 

Lo rivela il Sesto Rapporto Auditel-Censis, ‘La nuova Italia televisiva’: nel 2023 le Smart tv superano le tv tradizionali. 

Negli ultimi sette anni le tv tradizionali si sono ridotte di 12 milioni e 100mila esemplari, arrivando a 20 milioni e mezzo, mentre le Smart tv sono triplicate, passando da poco più di 7 milioni a 21 milioni (+13 milioni e 600mila).
Inoltre, sono 122 milioni i device presenti nelle case degli italiani, +2,2% nell’ultimo anno e +9,6% dal 2017 a oggi, per una media di circa cinque schermi per famiglia e oltre due schermi per individuo.

Aumenta la visione in streaming

La crescita degli schermi dipende esclusivamente dall’aumento di quelli connessi, che permettono di integrare i contenuti della tv lineare con l’offerta in streaming.
Nel 2023 sono 97 milioni, +31,7% negli ultimi sette anni e +4,4% nell’ultimo anno, con una media di quattro device connessi per abitazione.

“Nel 2023, 26 milioni e 300mila italiani, il 45,8% del totale, ha fruito di contenuti televisivi su piattaforme e siti web. Nel 2017 erano il 27% del totale e non raggiungevano 16 milioni – spiega Andrea Imperiali, presidente Auditel -. Sono quindi aumentati del 66,2% nei sette anni considerati, con una spinta decisiva nell’anno della pandemia, mantenuta anche negli anni successivi. Di fronte a una tale trasformazione dei consumi, che vede protagonisti sul palcoscenico globale grandi gruppi multinazionali, i broadcaster italiani non si sono fatti trovare impreparati, anzi”.

I salotti italiani somigliano sempre più a sale cinematografiche

I nuovi televisori sono più grandi rispetto al passato: nel 2017 i televisori di 50 pollici o più erano meno di 2 milioni (circa il 4% del totale), ora sono oltre 6 milioni (14,1%). In sette anni sono triplicati.
Sempre più diffuso poi anche il 4K, televisore Smart con il quadruplo di pixel rispetto a quelli Full HD, presente in oltre 8 milioni di televisori (19%, tre anni fa erano l’11,2%).

Ma ai device connessi andrebbero aggiunti almeno altri due dispositivi smart che hanno fatto ingresso nelle case degli italiani negli ultimi dieci anni, smart speaker e smartwatch. Tra le funzionalità prevedono anche quella di seguire contenuti audio e video in streaming. 

Due milioni esclusi dalla vita digitale

Oggi il 63,1% delle famiglie italiane (15 milioni e 400mila, +17,1% in 7 anni) vive in abitazioni che dispongono della Banda Ultra Larga. Accedono a internet tramite Adsl, fibra ottica o satellitare.

Ma la strada da percorrere per raggiungere l’obiettivo stabilito dal PNRR all’interno della Strategia per la Banda Ultra Larga (connessioni a 1 Gigabit su tutto il territorio nazionale per tutti entro la fine del 2026) è ancora lunga.
Restano fuori dalla vita digitale 2 milioni e mezzo di italiani che non accedono a internet da casa, riporta Askanews. Il 30,2% possiede solo una connessione mobile che non sempre ha velocità e capacità tali da supportare al meglio tutte le attività, e 5 milioni e mezzo di famiglie (il 22,4%) si collega solo con smartphone.

2023: la rivoluzione del 5G nel mercato industriale

Il 2023 è stato un anno cruciale per il mercato industriale del 5G, con la definizione degli standard che lo distinguono dalle generazioni precedenti di reti mobili. Questa evoluzione ha spinto i principali operatori di telecomunicazioni a lanciare le prime offerte commerciali di reti private, destinate esclusivamente alle singole aziende.
Nel corso dell’anno, diverse reti 5G MPN (Mobile Private Network) sono state implementate grazie soprattutto a investimenti privati, segnando così una transizione da finanziamenti pubblici.

Crescita e sfide nello scenario europeo

Attualmente, in Europa sono in corso 117 progetti 5G industriali, con sette nuovi casi segnalati in Italia nel 2023. Si prevede che entro il 2026, il mercato industriale 5G in Europa raggiungerà un valore di 1,72 miliardi di euro, di cui il 10% sarà rappresentato dall’Italia, il quarto Paese per dimensione.
Tuttavia, questo valore è soggetto a incertezze legate al ruolo del settore pubblico, alla capacità di formulare pacchetti di soluzioni e servizi, e alla fiducia e capacità del settore privato nell’avviare progetti.

I dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano

Secondo l’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano, il 2023 è stato caratterizzato da uno sviluppo significativo delle reti industriali, indicando una transizione dalla fase embrionale a progetti più solidi e commerciali.
La consapevolezza delle imprese sull’importanza del 5G come piattaforma per la digitalizzazione dei processi operativi e il supporto alla nuova automazione è in crescita, anche grazie alla riduzione di alcuni ostacoli tecnologici e alle esperienze internazionali.

Sfide e prospettive future

Tuttavia, l’Osservatorio evidenzia alcune sfide. Lo sviluppo delle reti pubbliche procede a velocità inferiore a causa delle difficoltà economico-finanziarie degli operatori di telecomunicazioni. I progetti attuali sono fortemente centrati sull’infrastruttura di rete, trascurando la progettazione di applicazioni innovative. Il ruolo del settore pubblico, a livello italiano ed europeo, sarà cruciale nel determinare l’andamento del mercato, dalle politiche sullo spettro alla diversificazione dei servizi di connettività.
A livello globale, lo sviluppo del 5G dipenderà dalla collaborazione o competizione tra i grandi cloud provider Hyperscaler e gli operatori di telecomunicazioni. L’Italia è incoraggiata a favorire gli investimenti in digitalizzazione, mentre la filiera TLC deve strutturare un’offerta adatta al contesto produttivo nazionale.
L’Osservatorio prevede che entro tre anni il mercato industriale 5G in Europa raggiungerà i 1,72 miliardi di euro, ma questo valore potrebbe superare i 2 miliardi in uno scenario favorevole nel 2026. L’analisi dei progetti evidenzia il crescente interesse nei 27 Paesi dell’Unione Europea, con Germania e Finlandia in testa.
L’Italia si distingue con 7 nuovi progetti nel 2023. Tuttavia, la regolamentazione, la disponibilità dello spettro e la presenza di aziende con capacità di investimento sono fattori cruciali per lo sviluppo del 5G.

Vantaggi del 5G nelle reti industriali

Il 5G emerge come tecnologia dominante nelle reti industriali estese, offrendo affidabilità e prestazioni superiori rispetto ad alternative come LoRaWAN, WMBUS e WiFi. La sua utilità si evidenzia soprattutto in settori come la manifattura e la logistica, garantendo copertura affidabile, semplificando la gestione delle reti e abilitando nuove applicazioni. La sua forza risiede anche nelle soluzioni ibride, combinando reti private e pubbliche, e nelle applicazioni che richiedono alta affidabilità e copertura globale.
In sintesi, il 2023 segna una svolta nel mercato industriale 5G, con opportunità e sfide che richiedono una collaborazione tra settore pubblico e privato per massimizzare il suo potenziale.

eCommerce B2c in italia: +13% nel 2023 

Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c nel 2023 gli acquisti e-commerce B2c degli italiani valgono 54,2 miliardi di euro, +13% rispetto al 2022, con i servizi che vivono una ‘seconda giovinezza’, soprattutto grazie alle performance del settore Turismo e Trasporti (+30%), e il valore degli acquisti che raggiunge 19,2 miliardi di euro (+25%).
Nel 2023 il tasso di penetrazione dell’online sui consumi totali, online e offline, guadagna un punto percentuale e arriva al 13%, con valori diversi nelle componenti di prodotto (11%) e di servizio (17%).
In particolare, nel 2023 l’e-commerce di prodotto tocca 35 miliardi di euro (+8%), Una crescita più controllata rispetto agli anni scorsi, e in buona parte legata all’inflazione.

Il digitale ormai à essenziale per il Retail

I comparti di prodotto più dinamici, con tassi di crescita in linea o superiori alla media (+8%), sono Beauty (+11%), Informatica ed elettronica di consumo (+8%) ed Editoria (+8%).
Crescono, seppur a ritmi più contenuti, anche Abbigliamento (+7%) e Arredamento e home living (+7%), mentre fatica il Food&Grocery (-0,5%).
“L’eCommerce B2c online in Italia continua a crescere, anche se più lentamente rispetto agli ultimi anni – afferma Alessandro Perego, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano -, e ha assunto ormai una rilevanza tale da essere considerato centrale e indispensabile per l’evoluzione del Retail”.

Garantire rispetto dei principi sociali e salvaguardia dell’ambiente

“Tuttavia, l’inflazione, i cambi normativi, l’attenzione crescente dell’opinione pubblica e delle istituzioni alla tutela dell’individuo, in qualità di consumatore e lavoratore – continua Perego – rendono necessari continui interventi di trasformazione della catena del valore dell’e-commerce. Oggi la sfida per i merchant è orientata in particolar modo alla flessibilità e alla sostenibilità, per garantire il rispetto dei principi sociali e la salvaguardia dell’ambiente”.

Consumatori: “stabili” a 33 milioni 

Dopo l’accelerazione nell’ultimo triennio, il numero di consumatori digitali italiani si è stabilizzato a 33 milioni.
Oggi, se da una parte i consumatori “sono alle prese con le dinamiche di inflazione e incertezza economica, specialmente nel settore alimentare e dei beni durevoli, è bene ricordare che le dinamiche di recessione non impattano direttamente, invece, quei consumatori di beni di lusso e di alta gamma nei settori come il Fashion, il Design, il Food, l’Automotive e la Cosmetica – aggiunge Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. È per tutte queste ragioni che le aziende devono poter sviluppare la propria offerta sfruttando due leve chiave per l’export: da una parte, ‘il Made in Italy’ come biglietto da visita per aprire le porte dei mercati esteri, dall’altra il ‘digitale’ come abilitatore per accedervi con maggiore semplicità”.

In che modo i fattori ESG influenzano i compensi dei vertici aziendali?

Il Rapporto Consob 2022 sulla Rendicontazione non finanziaria delinea una crescente integrazione tra sostenibilità e finanza, elemento chiave per rendere la transizione ecologica non solo auspicabile, ma reale.

Per capire come la rivoluzione ESG stia impattando sull’economia, è interessante notare come i temi di sostenibilità influenzino la remunerazione del CdA, soprattutto in ambito finanziario, dove coinvolgono 31 emittenti (65% del settore), seguito da quello industriale (66 emittenti, 56%) e dalle imprese dei servizi (30 emittenti, 58%).
Nel 2022 i fattori ambientali, sociali e di governance hanno concorso a determinare i compensi degli amministratori delegati in 127 società con azioni ordinarie negoziate sul mercato Euronext Milan, pari al 58,5% del totale e l’11,5% rispetto alle 106 del 2021.

Un’equazione più frequente nelle grandi società

Di fatto i fattori ESGi hanno influenzato le remunerazioni di breve termine in 111 casi, e quelle di lungo termine in 75.
L’evoluzione della normativa comunitaria sta dando un grande impulso al settore. Non a caso, il collegamento tra fattori ESG e remunerazioni è più frequente nelle società di maggiori dimensioni, appartenenti all’indice Ftse Mib (31 casi, il 94% dell’indice) o al Mid Cap (27 casi, 77%).

Come spiega Esgnews.it, i dirigenti vengono premiati per i risultati ottenuti negli aspetti social (capitale umano, sicurezza sul lavoro, soddisfazione dei clienti, innovazione), ambientali (riduzione delle emissioni di C02, economia circolare, gestione dei rifiuti, energie rinnovabili), di governance (avanzamento negli indici e nei rating ESG, aumento dei prodotti ESG offerti dalla società).

Il ruolo degli stakeholder esterni

Le tematiche ambientali sono predominanti nelle strategie. Delle 13 società che hanno raggiunto un’integrazione completa, 8 hanno dato spazio a tutte le dimensioni ESG, mentre 5 hanno trattato maggiormente tematiche sull’ambiente, riservando meno spazio agli aspetti sociali e di governance.
Inoltre, per le società e i decision-maker il ruolo degli stakeholder è sempre più rilevante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.

Dalle dichiarazioni non finanziarie di 148 società quotate emerge che il coinvolgimento degli stakeholder sia aumentato di circa il 4%, raggiungendo nel 2022 il 65,8% delle società analizzate.
Il ruolo di questi portatori di interesse è soprattutto quello di affiancare le società nel definire le tematiche ESG più importanti in ottica operativa e strategica.

L’ostacolo della scarsa formazione

Un ostacolo alla trasformazione ESG è rappresentato dalla scarsa formazione. Secondo uno studio di Manpower Group il 94% delle aziende a livello globale non ha le competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi ambientali, sociali e di governance. Ma nel 2022 il 76,4% delle società emittenti analizzate dal Rapporto Consob ha organizzato almeno una sessione formativa per manager e personale, per un totale di 113 società interessate.

Le tematiche su cui più si concentra la formazione in ambito ESG sono innovazione digitale, capitale umano, sostenibilità in generale e ambiente.
Ma ancora una volta, sono soprattutto le società medio grandi e quelle del settore finanziario che organizzano più frequentemente almeno un corso di formazione su temi ESG durante l’anno.

Caffè: l’intramontabile rito del mattino vince anche sui social 

Lo ha scoperto una ricerca internazionale condotta da Versuni, rebranding di Philips Domestic Appliances, in occasione della Giornata mondiale del caffè. Quasi un quarto degli intervistati a livello mondiale rinuncerebbe al consumo di alcolici piuttosto che al caffè della mattina. E la percentuale si alza ulteriormente nella fascia d’età compresa tra 25-34 anni.

Se la cultura del caffè è ovunque, e interessa la grande distribuzione, i bar, i corner dedicati (sempre più hype) i social media rappresentano un nuovo luogo di incontro e scambio delle new gen. Tanto che su TikTok sta spopola l’hashtag #coffeetok, intorno al quale si è attivata una vasta community che prende ispirazione per il consumo di caffè.

Una bevanda trasversale e genderless

Insomma, il caffè è una bevanda che da secoli si beve per sentirsi più energici, più propensi alla socializzazione, ma anche più rilassati e propositivi, e che coinvolge tutte le categorie sociali ed è genderless.
Ma soprattutto, è legata a un rituale imprescindibile della mattina.

Il 66% di tutti i consumatori di età superiore ai 45 anni beve caffè nella prima parte della giornata (35% 16-24enni), e se il 60% afferma che guardare il telefono è il principale svago pre-pomeridiano, più della metà (53%) prende anche una tazza di caffè.
All’interno di queste macro-tendenze, per gli italiani in tutte le fasce d’età il rito del caffè mattutino (61%) supera anche l’uso dello smartphone (57,8%), la colazione (58,6%), la doccia, lo skincare e la lettura delle notizie, tre azioni che si aggirano intorno al 30%.

Classico espresso, cappuccino o freddo?

Ma come si prende il caffè? Se il 47,89% degli italiani sceglie il classico espresso, seguito dal cappuccino (17,66%), alla tradizione si affiancano nuovi scenari di consumo, come la scelta del latte.
In Italia, dove viene ancora ampiamente preferito il caffè nero (37,4%), il 22% predilige la versione senza lattosio, mentre il 18,3% quello di mandorla o soia, a cui seguono il latte d’orzo e di cocco.

Anche dentro questa nuova tendenza, la popolazione delinea alcune micro-abitudini. Il 31% fa il suo primo sorso tra le 7 e le 7 e 59, il 34,4% ama prenderlo sempre nella stessa tazza, e tra le varianti più amate, il caffè freddo (38,3%), la versione preparata con il montalatte (36,2%) e quelle con l’aggiunta di polvere di cacao (22%).

Intanto spopolano i coffee-device

Ma la creatività spazia anche dal consumo di caffè con lo sciroppo di caramello o d’acero, miele, scorze di limone o arancia, e perfino burro.
Tra gli usi e i comportamenti a livello worldwide ci sono anche quelli che riguardano i coffee-device.

Uno consumatore su quattro mette evidenza la macchina per il caffè al centro della cucina, uno su 10 la mostra agli ospiti, proprio come si fa con un oggetto di design. E altrettanti la portano con sé in vacanza, per non dover cambiare le abitudini di consumo neanche in ferie.

Sostenibilità: una grande opportunità di crescita per imprese e istituzioni

La sostenibilità è strettamente connessa a temi concreti, come la competitività delle aziende. L’80% delle aziende quotate ha infatti sviluppato un piano di sostenibilità (+32% vs 2020), mentre l’83% pensa che ci sia un forte vantaggio competitivo nell’integrare i fattori Esg all’interno delle strategie aziendali. Ciò vale anche per le istituzioni, come nel caso della Regione Lombardia, che con il Programma regionale di sviluppo sostenibile (Prss), ha integrato gli obiettivi di sostenibilità nella sua pianificazione strategica. Insomma, la visione integrata delle tre dimensioni della sostenibilità, ambientale, sociale ed economica, sta entrando sempre più nei piani strategici delle imprese e delle istituzioni.

L’innovazione accelera la transizione green 

È quanto emerge dai dati di EY presentati durante il convegno organizzato da EY e Regione Lombardia dal titolo Sostenibilità ambientale, sociale ed economica: un confronto tra attori pubblici e privati. In tema di sostenibilità ambientale una delle chiavi per poter accelerare la transizione green è l’innovazione. Smart city, riqualificazione degli edifici, economia circolare, mobilità sostenibile, sono al centro del dibattito tra istituzioni e imprese, che possono agire in un connubio virtuoso in grado di generare benefici per le realtà produttive stesse, l’ambiente e la collettività. Uno degli aspetti critici che interessa trasversalmente tutte le dimensioni della sostenibilità, più ancora della necessità di investimenti, è l’execution, ovvero, la creazione delle condizioni ideali per ‘fare le cose’, dalla semplificazione normativa allo sviluppo di competenze adeguate.

Avviare attività di corporate social responsability

Anche in ambito di sostenibilità sociale le aziende possono fare molto. Prima di tutto, investendo sul capitale umano e sui giovani, affrontando la formazione, l’empowerment e la sensibilizzazione sui temi Esg, in modo che ciascuno possa operare scelte più responsabili e sostenibili sul lavoro e nella vita privata. In questo senso, diverse realtà aziendali stanno mettendo in campo attività di corporate social responsability, anche attraverso le fondazioni d’impresa, come nel caso di EY Foundation e Fondazione Teatro alla Scala, che con i loro progetti coinvolgono in prima persona dipendenti e collaboratori.

L’impatto della sostenibilità sugli investimenti

La sostenibilità rappresenta una grande opportunità per attrarre investimenti anche tra le Pmi, che spesso sono più aperte al cambiamento.
“L’Italia esercita una forte attrattiva nei confronti dei fondi di investimento, e attualmente ci sono circa 1.300 aziende partecipate da fondi di private equity e venture capital”, afferma Anna Gervasoni, direttore generale Aifi.
L’impatto della sostenibilità sugli investimenti si delinea quindi come una grande sfida. “Dobbiamo essere rapidi a cogliere le opportunità, per fare in modo che la sostenibilità diventi una grande occasione per crescere – aggiunge Luca Felletti, responsabile finanziamenti agevolati, Intesa Sanpaolo -. In questo processo la finanza deve essere un acceleratore per contribuire a rendere le aziende più competitive”.