AI: l’Europa approva la regolamentazione. Cosa cambia?

Una decisione che fa seguito a dibattiti intensi iniziati nel 2021, culminata in una normativa che stabilisce regole stringenti per l’uso dell’Intelligenza artificiale, benché alcune delle proposte più severe siano state mitigate da compromessi dell’ultimo minuto.
Con 523 voti favorevoli l’Atto sull’Intelligenza artificiale dell’Unione Europea, l’AI Act, è stato ufficialmente adottato.

Il via libera dal Parlamento Europeo alla normativa sull’AI segna un punto di svolta per il controllo di questa tecnologia. La normativa cerca di bilanciare la promozione dell’innovazione tecnologica con la tutela dei diritti civili e la protezione dei consumatori, ponendo la UE come ‘leader’ nella regolamentazione dell’Intelligenza artificiale a livello mondiale.

No a sistemi per la sorveglianza di massa sì a restrizioni dei sistemi ‘ad alto rischio’

L’AI Act mira a proibire sistemi basati su AI per la sorveglianza pubblica di massa e impone restrizioni su sistemi ritenuti ‘ad alto rischio’ per la società, tra cui quelli applicati a infrastrutture critiche, educazione e formazione professionale, e sistemi di applicazione della legge.
La normativa è stata oggetto di dibattito non solo per le sue implicazioni all’interno dell’Unione ma anche per il suo potenziale impatto a livello globale, sollevando preoccupazioni tra le big tech negli Stati Uniti come OpenAI, Microsoft, Google e Meta.

Nonostante le critiche da parte di alcuni stati membri o figure politiche come il presidente francese Emmanuel Macron, che temono possa ostacolare l’innovazione, l’AI Act rappresenta un passo significativo verso la creazione di un quadro regolamentare equilibrato, riporta Adnkronos.

“Un modello di sviluppo che metta l’essere umano davvero al centro”

“Siamo molto soddisfatti del risultato e dell’ampia maggioranza raggiunta – commenta Brando Benifei, relatore all’Eurocamera per l’AI Act e capodelegazione del Pd al Parlamento europeo – ora bisogna concentrarsi sull’attuazione, sugli investimenti, sulla condivisione delle capacità dei supercomputer e sul lavoro con i partner internazionali, per affermare un nostro modello di sviluppo dell’AI che metta l’essere umano davvero al centro”. 

Ora spetta agli Stati membri istituire agenzie nazionali di supervisione

I sistemi considerati ad alto rischio saranno soggetti a regole severe che si applicheranno prima del loro ingresso nel mercato della UE.
Le norme generali sull’AI si applicheranno un anno dopo l’entrata in vigore, nel maggio 2025, e gli obblighi per i sistemi ad alto rischio in tre anni, sotto la supervisione delle autorità nazionali, supportate dall’ufficio creato ad hoc della Commissione europea.

Spetta ora agli Stati membri istituire agenzie nazionali di supervisione. Un portavoce della Commissione ha dichiarato a Euronews che i Paesi hanno 12 mesi di tempo per nominare gli organi di controllo.

Work-life balance e genitori al lavoro: aumentano le dimissioni 

Dall’ultimo rapporto realizzato dal Censis emerge che i lavoratori italiani (80%) esprimono il proprio disappunto riguardo il sacrificio degli interessi personali richiesto in passato dal lavoro a discapito del proprio benessere.
E secondo una ricerca pubblicata su People Management nell’ultimo anno il 46% dei genitori ha lasciato il proprio lavoro o sta prendendo in seria considerazione le dimissioni.

Un dato confermato anche in Italia, dove, stando a quanto riporta l’Ispettorato del Lavoro, sono state convalidate 61.391 dimissioni di padri e madri nel 2022 (+17,1% rispetto al 2021), la maggior parte rassegnate entro i primi tre anni dalla nascita dei propri figli, e perlopiù da giovani di età compresa tra 29-44 anni (79,4%) e donne (72,8%).

Arriva l’Help Desk Genitorialità 

La causa viene attribuita a una sempre più accentuata difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata (63%). Inoltre, a lasciare il lavoro sono in prevalenza lavoratori in attesa del primo figlio o che hanno un solo figlio.
“I dati sottolineano l’importanza di affrontare in modo efficace le sfide legate alla genitorialità sul luogo di lavoro, promuovendo politiche e culture aziendali più inclusive e favorevoli alla famiglia”, commenta Debora Moretti, co-ceo di Zeta Service.

A questo proposito, Zeta Service annuncia l’apertura di uno sportello dedicato alla genitorialità. Si chiama Help Desk Genitorialità, e intende supportare i genitori dando risposte, in particolare, ai problemi burocratici del work-like balance. 

Smartworking al 100% per le neo mamme

Da un sondaggio al titolo ‘Maternità, Burocrazia e Tempi’, emerge che in azienda oltre la metà delle donne ha trovato difficoltà nel comprendere gli step burocratici relativi, ad esempio, alla richiesta di bonus, presentazione di documentazione, congedo obbligatorio/facoltativo. 
In particolare, 9 donne su 10 vorrebbero ricevere più informazioni, poiché i siti web istituzionali spesso sono poco comprensibili o non esaustivi. Il 40% delle intervistate richiede infatti maggiore chiarezza.

“Noi prevediamo per le mamme, lo smartworking al 100% negli ultimi mesi della gravidanza, e un mese di smartworking al 100% per i papà, oltre l’estensione del congedo di paternità a 20 giorni – spiega Moretti -. Queste iniziative, a mio parere rappresentano per le imprese, piccole o grandi che siano, scelte indispensabili”.

Cosa può fare l’azienda per supportare i genitori dipendenti? 

“Le parole chiave sono flessibilità e vicinanza – aggiunge Moretti -. L’azienda deve essere realmente interessata a comprendere le necessità delle persone, guardandole e ascoltandole nel loro complesso, in modo da introdurre benefit che possano favorire un migliore work-life balance e avere una maggiore flessibilità, sebbene sia complicato introdurre questo cambiamento di mentalità nel nostro Paese”.

Come si legge nel VI Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, riferisce Ansa, a oggi infatti in Italia solo il 12,2% degli occupati lavora da remoto, nonostante per più di 8 lavoratori su 10 lo smartworking permetta di conciliare meglio famiglia, vita privata e lavoro.

Moda e lusso trainano gli acquisti on line degli italiani

Dalla pandemia in poi, alcuni comportamenti di acquisto sono diventati parte della nostra quotidianità. Il primo e più importante è sicuramente l’abitudine di effettuare acquisti on line. Tanto che la quota di italiani che fa shopping online ogni settimana si è stabilizzata al 47,1%, mantenendosi invariato rispetto all’anno precedente.

In questo contesto, però, fanno capolino nuove tendenze, come l’aumento degli acquisti di seconda mano e l’adozione dei servizi “buy now, pay later”, mentre diminuisce l’importanza degli acquisti di generi alimentari e dei servizi di comparazione prezzi. Sono alcune delle informazioni contenute nel report Digital 2024, pubblicato a febbraio da We Are Social in collaborazione con Meltwater.

Il fashion è la categoria “regina” dell’e-commerce

Tra le categorie del settore dell’e-commerce, la moda registra un aumento di spesa del 25,7%, seguita dai beni di lusso con un incremento del 21,4%. Crescono rispetto l’anno precedente anche gli acquisti online di articoli per la casa (+16,3%), arredamento (+18%) ed elettronica (+11,4%).

I film e i servizi TV in streaming rimangono i contenuti digitali più acquistati, amatissimi dal 40,3% degli utenti internet tra i 16 e i 64 anni. La musica in streaming si posiziona al secondo posto (17,3%), seguita dalle app mobile al terzo (9%). Quest’anno, gli e-book (8,5%) superano i mobile game (8,4%), forse influenzati dal successo di #booktok.

Il rapporto con i brand 

I motori di ricerca si confermano la principale fonte per scoprire nuovi brand, prodotti o servizi, con il 40,8% degli utenti internet italiani che li utilizza a tale scopo. La pubblicità in TV è al secondo posto con il 36,6%, mentre le raccomandazioni di amici e familiari guidano le scelte del 30,7% del campione. In particolare, cresce l’autorevolezza della pubblicità sui social: passa infatti dalla settima alla quinta posizione in classifica, con il 25,1% degli utenti italiani che la considera fondamentale per conoscere brand o servizi. Cresce anche il numero di persone che clicca su contenuti social sponsorizzati (+6,8%, 14,1%), mentre diminuisce di 2,5% chi clicca su banner di siti web (11,5%).

I motori di ricerca mantengono la loro leadership anche nell’approfondimento della conoscenza sui brand (59,1%), seguiti dai social network, siti di confronto prezzi e recensioni. 

Aumenta la spesa per la pubblicità digitale 

La spesa per la pubblicità digitale, inclusi search e social, cresce del 9,6%, superando i 6 miliardi di dollari. Gli investimenti annuali nelle attività pubblicitarie con influencer raggiungono i 340 milioni di dollari. Questa tendenza porta la quota della spesa pubblicitaria digitale totale quasi al 5,4%, con un incremento del 3,4% rispetto all’anno scorso.

Vivibilità in Europa: l’Italia si posiziona male in classifica  

Costi della vita e delle utenze penalizzano i “voti” relativi alla vivibilità del nostro Paese, che risulta tra i peggiori in Europa. Nonostante un leggero calo dell’inflazione e dei costi energetici rispetto ai massimi storici degli ultimi anni, l’attenzione sulla problematica del prezzo degli affitti e dell’energia elettrica persiste in Italia e nel resto d’Europa. La banca online N26 ha condotto uno studio sull’Indice di Vivibilità, esaminando i dati relativi a spese per l’abitazione ed energetiche in ogni paese europeo.

L’obiettivo è identificare le nazioni che offrono la migliore qualità di vita, considerando aumenti salariali, densità di popolazione e il livello di felicità dei residenti.

L’Italia: il problema degli stipendi troppo bassi

Secondo i risultati dello studio, l’Italia si posiziona al penultimo posto per vivibilità, preceduta solo dal Regno Unito. Il costo degli affitti e dell’energia elettrica impatta notevolmente sugli stipendi mensili degli italiani, tra i più bassi in Europa. Con oltre il 52% del salario destinato all’affitto, la situazione economica italiana evidenzia un problema enorme. Insomma, il nostro della vita è troppo alto e difficilmente sostenibile.

La Danimarca in testa alla classifica

Al contrario, la Danimarca si distingue come il miglior paese europeo in cui vivere, con un impatto meno pesante sugli stipendi in termini di affitti ed energia elettrica. Con rispettivamente il 21% e il 18% del salario destinato agli affitti, Svizzera e Belgio si collocano al secondo e terzo posto nella classifica. In questi Paesi è evidente una situazione più favorevole per quanto riguarda la proporzionalità tra reddito e costi abitativi.

I Paesi Bassi al terzultimo posto

Sorprendentemente, i Paesi Bassi occupano il terzultimo posto nella classifica N26, con circa il 37% del salario destinato a coprire il costo dell’affitto. Questa percentuale più elevata rispetto ai paesi in testa riflette un’importante sfida economica nel bilanciare la propria economia interna.

In conclusione, la vivibilità in Europa è fortemente influenzata dal costo degli affitti e da quelli dell’energia elettrica. Mentre Danimarca, Svizzera e Belgio offrono una qualità della vita superiore, l’Italia si trova ad affrontare tensioni importanti, evidenziate dalla quota significativa del salario destinata agli affitti. Un’attenta riflessione sulle politiche economiche e abitative potrebbe contribuire a migliorare la situazione e rendere il vivere in Italia più accessibile ed equilibrato.

2023: la rivoluzione del 5G nel mercato industriale

Il 2023 è stato un anno cruciale per il mercato industriale del 5G, con la definizione degli standard che lo distinguono dalle generazioni precedenti di reti mobili. Questa evoluzione ha spinto i principali operatori di telecomunicazioni a lanciare le prime offerte commerciali di reti private, destinate esclusivamente alle singole aziende.
Nel corso dell’anno, diverse reti 5G MPN (Mobile Private Network) sono state implementate grazie soprattutto a investimenti privati, segnando così una transizione da finanziamenti pubblici.

Crescita e sfide nello scenario europeo

Attualmente, in Europa sono in corso 117 progetti 5G industriali, con sette nuovi casi segnalati in Italia nel 2023. Si prevede che entro il 2026, il mercato industriale 5G in Europa raggiungerà un valore di 1,72 miliardi di euro, di cui il 10% sarà rappresentato dall’Italia, il quarto Paese per dimensione.
Tuttavia, questo valore è soggetto a incertezze legate al ruolo del settore pubblico, alla capacità di formulare pacchetti di soluzioni e servizi, e alla fiducia e capacità del settore privato nell’avviare progetti.

I dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano

Secondo l’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano, il 2023 è stato caratterizzato da uno sviluppo significativo delle reti industriali, indicando una transizione dalla fase embrionale a progetti più solidi e commerciali.
La consapevolezza delle imprese sull’importanza del 5G come piattaforma per la digitalizzazione dei processi operativi e il supporto alla nuova automazione è in crescita, anche grazie alla riduzione di alcuni ostacoli tecnologici e alle esperienze internazionali.

Sfide e prospettive future

Tuttavia, l’Osservatorio evidenzia alcune sfide. Lo sviluppo delle reti pubbliche procede a velocità inferiore a causa delle difficoltà economico-finanziarie degli operatori di telecomunicazioni. I progetti attuali sono fortemente centrati sull’infrastruttura di rete, trascurando la progettazione di applicazioni innovative. Il ruolo del settore pubblico, a livello italiano ed europeo, sarà cruciale nel determinare l’andamento del mercato, dalle politiche sullo spettro alla diversificazione dei servizi di connettività.
A livello globale, lo sviluppo del 5G dipenderà dalla collaborazione o competizione tra i grandi cloud provider Hyperscaler e gli operatori di telecomunicazioni. L’Italia è incoraggiata a favorire gli investimenti in digitalizzazione, mentre la filiera TLC deve strutturare un’offerta adatta al contesto produttivo nazionale.
L’Osservatorio prevede che entro tre anni il mercato industriale 5G in Europa raggiungerà i 1,72 miliardi di euro, ma questo valore potrebbe superare i 2 miliardi in uno scenario favorevole nel 2026. L’analisi dei progetti evidenzia il crescente interesse nei 27 Paesi dell’Unione Europea, con Germania e Finlandia in testa.
L’Italia si distingue con 7 nuovi progetti nel 2023. Tuttavia, la regolamentazione, la disponibilità dello spettro e la presenza di aziende con capacità di investimento sono fattori cruciali per lo sviluppo del 5G.

Vantaggi del 5G nelle reti industriali

Il 5G emerge come tecnologia dominante nelle reti industriali estese, offrendo affidabilità e prestazioni superiori rispetto ad alternative come LoRaWAN, WMBUS e WiFi. La sua utilità si evidenzia soprattutto in settori come la manifattura e la logistica, garantendo copertura affidabile, semplificando la gestione delle reti e abilitando nuove applicazioni. La sua forza risiede anche nelle soluzioni ibride, combinando reti private e pubbliche, e nelle applicazioni che richiedono alta affidabilità e copertura globale.
In sintesi, il 2023 segna una svolta nel mercato industriale 5G, con opportunità e sfide che richiedono una collaborazione tra settore pubblico e privato per massimizzare il suo potenziale.

eCommerce B2c in italia: +13% nel 2023 

Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c nel 2023 gli acquisti e-commerce B2c degli italiani valgono 54,2 miliardi di euro, +13% rispetto al 2022, con i servizi che vivono una ‘seconda giovinezza’, soprattutto grazie alle performance del settore Turismo e Trasporti (+30%), e il valore degli acquisti che raggiunge 19,2 miliardi di euro (+25%).
Nel 2023 il tasso di penetrazione dell’online sui consumi totali, online e offline, guadagna un punto percentuale e arriva al 13%, con valori diversi nelle componenti di prodotto (11%) e di servizio (17%).
In particolare, nel 2023 l’e-commerce di prodotto tocca 35 miliardi di euro (+8%), Una crescita più controllata rispetto agli anni scorsi, e in buona parte legata all’inflazione.

Il digitale ormai à essenziale per il Retail

I comparti di prodotto più dinamici, con tassi di crescita in linea o superiori alla media (+8%), sono Beauty (+11%), Informatica ed elettronica di consumo (+8%) ed Editoria (+8%).
Crescono, seppur a ritmi più contenuti, anche Abbigliamento (+7%) e Arredamento e home living (+7%), mentre fatica il Food&Grocery (-0,5%).
“L’eCommerce B2c online in Italia continua a crescere, anche se più lentamente rispetto agli ultimi anni – afferma Alessandro Perego, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano -, e ha assunto ormai una rilevanza tale da essere considerato centrale e indispensabile per l’evoluzione del Retail”.

Garantire rispetto dei principi sociali e salvaguardia dell’ambiente

“Tuttavia, l’inflazione, i cambi normativi, l’attenzione crescente dell’opinione pubblica e delle istituzioni alla tutela dell’individuo, in qualità di consumatore e lavoratore – continua Perego – rendono necessari continui interventi di trasformazione della catena del valore dell’e-commerce. Oggi la sfida per i merchant è orientata in particolar modo alla flessibilità e alla sostenibilità, per garantire il rispetto dei principi sociali e la salvaguardia dell’ambiente”.

Consumatori: “stabili” a 33 milioni 

Dopo l’accelerazione nell’ultimo triennio, il numero di consumatori digitali italiani si è stabilizzato a 33 milioni.
Oggi, se da una parte i consumatori “sono alle prese con le dinamiche di inflazione e incertezza economica, specialmente nel settore alimentare e dei beni durevoli, è bene ricordare che le dinamiche di recessione non impattano direttamente, invece, quei consumatori di beni di lusso e di alta gamma nei settori come il Fashion, il Design, il Food, l’Automotive e la Cosmetica – aggiunge Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. È per tutte queste ragioni che le aziende devono poter sviluppare la propria offerta sfruttando due leve chiave per l’export: da una parte, ‘il Made in Italy’ come biglietto da visita per aprire le porte dei mercati esteri, dall’altra il ‘digitale’ come abilitatore per accedervi con maggiore semplicità”.

Caffè: l’intramontabile rito del mattino vince anche sui social 

Lo ha scoperto una ricerca internazionale condotta da Versuni, rebranding di Philips Domestic Appliances, in occasione della Giornata mondiale del caffè. Quasi un quarto degli intervistati a livello mondiale rinuncerebbe al consumo di alcolici piuttosto che al caffè della mattina. E la percentuale si alza ulteriormente nella fascia d’età compresa tra 25-34 anni.

Se la cultura del caffè è ovunque, e interessa la grande distribuzione, i bar, i corner dedicati (sempre più hype) i social media rappresentano un nuovo luogo di incontro e scambio delle new gen. Tanto che su TikTok sta spopola l’hashtag #coffeetok, intorno al quale si è attivata una vasta community che prende ispirazione per il consumo di caffè.

Una bevanda trasversale e genderless

Insomma, il caffè è una bevanda che da secoli si beve per sentirsi più energici, più propensi alla socializzazione, ma anche più rilassati e propositivi, e che coinvolge tutte le categorie sociali ed è genderless.
Ma soprattutto, è legata a un rituale imprescindibile della mattina.

Il 66% di tutti i consumatori di età superiore ai 45 anni beve caffè nella prima parte della giornata (35% 16-24enni), e se il 60% afferma che guardare il telefono è il principale svago pre-pomeridiano, più della metà (53%) prende anche una tazza di caffè.
All’interno di queste macro-tendenze, per gli italiani in tutte le fasce d’età il rito del caffè mattutino (61%) supera anche l’uso dello smartphone (57,8%), la colazione (58,6%), la doccia, lo skincare e la lettura delle notizie, tre azioni che si aggirano intorno al 30%.

Classico espresso, cappuccino o freddo?

Ma come si prende il caffè? Se il 47,89% degli italiani sceglie il classico espresso, seguito dal cappuccino (17,66%), alla tradizione si affiancano nuovi scenari di consumo, come la scelta del latte.
In Italia, dove viene ancora ampiamente preferito il caffè nero (37,4%), il 22% predilige la versione senza lattosio, mentre il 18,3% quello di mandorla o soia, a cui seguono il latte d’orzo e di cocco.

Anche dentro questa nuova tendenza, la popolazione delinea alcune micro-abitudini. Il 31% fa il suo primo sorso tra le 7 e le 7 e 59, il 34,4% ama prenderlo sempre nella stessa tazza, e tra le varianti più amate, il caffè freddo (38,3%), la versione preparata con il montalatte (36,2%) e quelle con l’aggiunta di polvere di cacao (22%).

Intanto spopolano i coffee-device

Ma la creatività spazia anche dal consumo di caffè con lo sciroppo di caramello o d’acero, miele, scorze di limone o arancia, e perfino burro.
Tra gli usi e i comportamenti a livello worldwide ci sono anche quelli che riguardano i coffee-device.

Uno consumatore su quattro mette evidenza la macchina per il caffè al centro della cucina, uno su 10 la mostra agli ospiti, proprio come si fa con un oggetto di design. E altrettanti la portano con sé in vacanza, per non dover cambiare le abitudini di consumo neanche in ferie.

La popolazione offline globale nel 2023 scende a 2,6 miliardi

È quanto rileva l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit), l’agenzia tecnologica delle Nazioni Unite: nel 2023 a livello globale ci sono ancora 2,6 miliardi di persone non ancora connesse a Internet, il 33% della popolazione mondiale. Circa il 96% dei ‘disconnessi’ vive in paesi in via di sviluppo. Nel 2022 i disconnessi erano 2,7 miliardi. Al contrario, il 67% della popolazione mondiale è ‘online’, ovvero 5,4 miliardi di individui. Secondo le stime preliminari dell’Uilt, la crescita del numero di utenti collegati a Internet è più forte nei paesi a basso reddito, con il numero di persone connesse in aumento di circa il 17% nell’ultimo anno, riferisce Adnkronos.

Obiettivo: connettere in modo significativo tutti a Internet entro il 2030

“Non dobbiamo dimenticare che dietro questi numeri ci sono persone che non sono in grado di accedere a Internet e godere dei vantaggi che questa tecnologia può offrire nell’era della trasformazione digitale, che può davvero cambiare il corso di una vita – sottolinea Cosmas Luckyson Zavazava, direttore del Telecommunication Development Bureau dell’Itu -. Questi numeri evidenziano l’importanza di misurare e monitorare i dati in modo da sapere dove concentrare i nostri sforzi per connettere in modo significativo tutti a Internet entro il 2030. Con questi sviluppi, dobbiamo anche concentrarci sulla costruzione di competenze digitali per tutti, in modo da fornire agli utenti le competenze necessarie”. 

Garantire un’esperienza online sicura e soddisfacente a un costo accessibile

Le ultime stime globali confermano che la crescita a due cifre della connettività Internet osservata durante il picco della pandemia di Covid-19 nel 2020 è stata di breve durata. Le tendenze attuali non sono abbastanza forti da garantire che l’obiettivo di una connettività universale e significativa venga raggiunto entro il 2030. Raggiungere una connettività universale e significativa entro il 2030, ovvero, la possibilità per tutti di godere di un’esperienza online sicura, soddisfacente, arricchente e produttiva a un costo accessibile, richiede un approccio globale che affronti le infrastrutture e altri fattori come l’accessibilità economica e le competenze.

Le persone senza accesso al web potrebbero essere lasciate indietro

Internet è uno strumento essenziale per accedere alle informazioni, alle opportunità di lavoro e all’istruzione. Le persone senza un accesso significativo al web potrebbero essere lasciate indietro. E questo diventa ancora più importante man mano che tecnologie come l’Intelligenza artificiale diventano sempre più diffuse nella vita quotidiana.
“Questo miglioramento della connettività – aggiunge il segretario generale dell’Itu Doreen Bogdan Martin – è un altro passo nella giusta direzione e un ulteriore passo a sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Non avremo pace finché non vivremo in un mondo in cui la connettività sarà una realtà vissuta per tutti, ovunque”. 

L’AI nel mondo del lavoro italiano

L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il panorama del lavoro, e le generazioni più giovani sono le più attive nell’uso dell’AI. Secondo uno studio condotto da Seed Digital, l’81,2% della GenerazioneX e l’80% della GenerazioneZ dichiara di utilizzarla quotidianamente. La ricerca, svolta su scala nazionale, ha coinvolto 490 partecipanti provenienti da diverse regioni e settori al fine di comprendere come l’AI stia influenzando il mondo del lavoro in Italia. E la maggioranza dei partecipanti, indipendentemente dal cluster generazionale, ritiene che l’AI abbia aumentato l’efficienza lavorativa, mentre solo una minoranza esprime un’opinione negativa sul suo impatto nel lavoro.

Laureati più cauti e meno entusiasti

Il livello di istruzione sembra invece influenzare queste percezioni: il 90% degli intervistati senza un titolo di studio fa uso dell’AI, mentre il campione con istruzione universitaria tende a essere più cauto nel sostenere il miglioramento dell’efficienza lavorativa grazie all’AI. Nonostante l’Intelligenza Artificiale stia diventando un elemento comune nel mondo del lavoro, l’affidabilità dei suoi output rimane un aspetto cruciale da considerare. Secondo il sondaggio, la fiducia varia in base all’età, al livello di istruzione e all’ambiente lavorativo. In particolare, gli utenti di età superiore ai 42 anni e quelli con un percorso di studi universitario tendono a essere meno fiduciosi nei confronti dei risultati prodotti dagli strumenti di AI.

Da ChatGPT e Google Translate fino a Beautiful AI

Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro, l’utilizzo dell’AI è più diffuso (80%) tra freelance, aziende e agenzie. Le aziende, in particolare, sembrano beneficiare maggiormente dell’Intelligenza Artificiale usando più spesso strumenti basati su questa tecnologia rispetto agli altri settori. Seed ha anche esaminato le principali attività svolte con strumenti di Intelligenza Artificiale, scoprendo che la maggior parte di esse riguarda contenuti testuali, generazione di immagini, analisi dei dati e creazione di codice. Gli strumenti di AI più citati vanno da applicazioni per la generazione di testi e traduzioni, come ChatGPT e Google Translate, a strumenti per l’analisi dei dati, come Excel e Power BI, fino a soluzioni per la creazione di immagini e design, come Canva e Beautiful AI.

Esiste ancora una sfiducia diffusa, soprattutto fra i Boomers

La percezione dell’impatto futuro dell’Intelligenza Artificiale sul mondo lavorativo varia notevolmente a seconda delle generazioni, livello di istruzione e contesto lavorativo. Se quasi il 10% dei Baby Boomers non è convinto che l’AI influenzerà significativamente il mondo del lavoro le Generazioni X e Z prevedono un impatto maggiore di questa tecnologia. Lo studio svolto da Seed Digital mette quindi in luce come, nonostante questa tecnologia stia guadagnando terreno nel mondo del lavoro, esista ancora una sfiducia diffusa.

I giornali generati dall’Intelligenza artificiale proliferano online

Nel mese di aprile di quest’anno NewsGuard, il tool online di NewsGuard Technologies che permette agli utenti di riconoscere le fake news, ha identificato 49 siti ‘sospetti’ in sette lingue, ceco, cinese, francese, inglese, portoghese, tagalog e thailandese. In apparenza questi siti avevano l’aspetto dei tipici siti di notizie, ma sembrerebbero invece essere stati interamente, o in gran parte, generati da modelli di linguaggio basati sull’Intelligenza artificiale, e quindi progettati per imitare la comunicazione umana. Secondo NewsGuard, gli strumenti basati sull’Intelligenza artificiale ora vengono utilizzati per riempire le cosiddette ‘content farm’, ovvero i siti web di bassa qualità diffusi in tutto il mondo che sfornano grandi quantità di articoli clickbait per massimizzare le proprie entrate pubblicitarie.

Centinaia di articoli a giorno su avariati argomenti

Questi siti spesso non identificano i proprietari, e producono un grande numero di contenuti su diversi argomenti, tra cui politica, salute, intrattenimento, finanza e tecnologia. Alcuni di questi newsbot pubblicano centinaia di articoli al giorno, che a volte promuovono anche narrazioni false. Inoltre, quasi tutti i contenuti sono scritti utilizzando un linguaggio banale e frasi ripetitive, segni distintivi dei testi prodotti dall’Intelligenza artificiale.

Testate giornalistiche create dall’Intelligenza artificiale piene di pubblicità

Molti di questi siti, poi, sono pieni di pubblicità, poiché probabilmente sono stati progettati per generare entrate dagli annunci programmatici posizionati attraverso algoritmi. Esattamente ciò per cui era stata concepita la prima generazione di content farm su internet, gestite da esseri umani. 
Proprio mentre negli ultimi mesi sono stati presentati e resi disponibili al pubblico diversi strumenti, sempre più potenti, basati sull’Intelligenza artificiale, il timore che tali strumenti possano essere utilizzati per dare vita a testate giornalistiche ora è diventato realtà.

Il governo britannico avvia un’inchiesta sull’AI

Pertanto, il governo del Regno Unito ha deciso di avviare un’indagine sull’AI e sul suo impatto su consumatori, business ed economia. Sotto i riflettori, anche l’Intelligenza artificiale generativa, alla base del chatbot ChatGPT, sviluppato da OpenAI e sostenuto da Microsoft. Il governo, riporta Adnkronos, fa sapere che seguirà cinque principi nella verifica dell’applicazione dell’AI e nello stabilire regole e leggi per l’uso dell’Intelligenza artificiale: sicurezza, trasparenza, equità, responsabilità e gestibilità.
“È cruciale che i potenziali benefici di questa tecnologia trasformativa siano equamente accessibili alle attività commerciali del Regno Unito e ai consumatori – commenta Sarah Cardell, direttrice della Competition and Markets Authority -, e che allo stesso tempo le persone siano protette da fenomeni come disinformazione e fake news”.