Sicurezza e cittadinanza in Italia nel 2022

Il capitolo Sicurezza e cittadinanza del 56° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2022 mostra come la pandemia abbia portato a un aumento della violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne. Nei primi 9 mesi del 2022 sono stati registrati 83 omicidi di donne, contro i 92 dello stesso periodo dell’anno precedente. E nel primo semestre 2022 sono arrivate al numero verde antiviolenza 7.814 chiamate, con 2.902 donne annotate come vittime di violenza. Inoltre, il Rapporto evidenzia come il 60,9% degli italiani durante la pandemia abbia sofferto di stati di ansia e paura indefinita. Percentuali superiori alla media riguardano i giovani tra 18-36 anni: il 69,2% ha percepito ansia e paura, e il 49,0% guarda con incertezza il proprio futuro.

Una casa a cui si chiede sempre di più

Si tratta di stati d’animo che si innestano in una società dove da tempo non è più sufficiente studiare e essere bravi per ottenere un giusto riconoscimento nel mondo del lavoro. Al punto che il 12,5% dei giovani indica l’impotenza e l’11,5% la rassegnazione come stati d’animo prevalenti nella visione del futuro. Inoltre, il 43,1% degli italiani non si sente sicuro nella propria casa, e ha paura di subire furti, incendi, danneggiamenti. Furti e rapine sono reati che destano allarme sociale, nonostante i dati ufficiali ne testimoniano la diminuzione. I pericoli che turbano il sonno degli italiani non vengono però solo dall’esterno. Ogni anno si verificano quasi 3 milioni di incidenti domestici, che coinvolgono soprattutto i più anziani (41,1% over 65) e le donne (66,0%).

Il falso che fa male: il caso dei cosmetici

Accanto al mercato legale dei prodotti cosmetici si è sviluppato un fiorente mercato illegale di cosmetici contraffatti. I cosmetici falsi non fanno male solo all’industria e all’occupazione legale, ma possono provocare gravi danni all’ambiente e alla salute dei consumatori, perché sono prodotti senza rispettare la normativa europea. Il 21% delle famiglie italiane (5,4 milioni) ha acquistato almeno una volta un cosmetico falso e il 12,9% (3,3 milioni) lo ha fatto intenzionalmente. Nei primi sei mesi 2022 la Guardia di Finanza ha intercettato 105.280 prodotti contraffatti (+83,8% vs 2021).

Ucraini in fuga dalla guerra

Fino alla fine del 2021 gli ucraini che arrivavano in Italia erano prevalentemente donne (77,6%) di età superiore ai 40 anni, dirette nel nostro Paese per lavorare come badanti. Nel 2021 erano 27.506 gli studenti ucraini inseriti nelle nostre scuole di ogni ordine e grado. A causa della guerra, dalla fine di aprile alla fine di settembre 2022 hanno richiesto la protezione temporanea 158.850 cittadini ucraini: 98.182 adulti, 83.966 donne, 34.917 donne con figli, 60.668 minori.
Anche per i profughi ucraini si è attivato il modello di integrazione tipicamente italiano, ovvero, molecolare, territoriale e familiare, favorito in questo caso dal fatto che molte donne ucraine erano già inserite in molte famiglie italiane come persone di fiducia.

Investimenti sostenibili? Gli italiani dicono sì

La finanza sostenibile riscuote sempre più interesse nel nostro Paese: il 79% dei risparmiatori conosce gli investimenti sostenibili e il 22% (contro il 18% del 2021) ha sottoscritto prodotti SRI. Il dato è emerso dalla ricerca “Risparmiatori italiani e transizione energetica”, realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con BVA Doxa. Lo studio, condotto tra maggio e settembre 2022, ha coinvolto 1.400 risparmiatori che hanno investito nell’ultimo anno almeno €1.000, di cui 510 con almeno €20.000 investiti.

Crescono investimenti e competenza

Il 79% degli intervistati conosce o, quantomeno, ha sentito parlare di investimenti sostenibili e il 22% ha già sottoscritto prodotti SRI. Il dato è in crescita rispetto all’edizione 2021 (quando si attestava al 18%), probabilmente per effetto anche di una maggiore proattività degli operatori finanziari: il 47% di chi conosce i prodotti SRI ha ricevuto una proposta di sottoscrizione e il 53% ha ricevuto più informazioni sugli investimenti sostenibili. Infine, i risparmiatori rilevano un aumento della competenza in materia di prodotti SRI tra gli operatori finanziari.

Il clima di incertezza fa aumentare le sottoscrizioni

Oltre il 60% degli intervistati ritiene che i recenti eventi – crisi energetica, inflazione e cambiamento climatico – stiano mettendo maggiormente in luce gli investimenti sostenibili. Nel 2022 raggiunge l’87% (contro l’82% del 2021) la quota di risparmiatori che giudicano molto o abbastanza rilevante il ruolo dei temi ESG nelle scelte di investimento. In particolare, il 77% (contro il 72% del 2021) degli intervistati reputa importanti i rischi legati al cambiamento climatico. Cresce la quota di chi ha sottoscritto prodotti SRI, che passa dal 18% del 2021 al 22% del 2022. Probabilmente tale aumento si deve anche a una maggiore proattività degli operatori finanziari: il 47% di chi conosce i prodotti SRI ha ricevuto una proposta di sottoscrizione (+6% rispetto al 2021) e il 53% ha ricevuto più informazioni sugli investimenti sostenibili da parte della propria banca, assicurazione o consulente finanziario (+7% rispetto allo scorso anno). La maggior parte degli intervistati, inoltre, rileva un aumento della competenza in materia di prodotti SRI tra gli operatori finanziari. Il 79% dei risparmiatori conosce o, quantomeno, ha sentito parlare di investimenti sostenibili, in linea con l’anno scorso. Per quanto riguarda il livello di informazione sul tema, il 52% dei risparmiatori giudica carente la copertura mediatica di questi aspetti, mentre il 16% la ritiene adeguata (in aumento rispetto al 12% del 2021).

7 Buoni motivi per sostituire la vasca da bagno con un box doccia

Tantissime persone ancora oggi hanno in casa una vecchia vasca da bagno che non utilizzano più o che necessita comunque di essere sostituita, data l’usura del tempo.

Ciò è vero soprattutto per le abitazioni di vecchia costruzione, dato che fino a qualche anno fa le vasche da bagno erano considerate un must, mentre oggi le cose sono cambiate in favore della doccia.

Vediamo allora di seguito di elencare 7 buoni motivi per i quali potrebbe essere utile sostituire la vecchia vasca da bagno con un box doccia moderno e funzionale.

I motivi per i quali sostituire la vasca con un box doccia

1) Risparmio d’acqua

È stato ampiamente dimostrato che fare la doccia consente di risparmiare acqua fino a 10 volte rispetto la tradizionale vasca da bagno. Inoltre, riempire una vasca da bagno di acqua calda comporterà anche un notevole consumo di gas. Risparmiando acqua avremo dunque bollette più leggere e certamente contribuiremo a rispettare maggiormente l’ambiente.

2) Più spazio a disposizione

Una doccia occupa chiaramente meno spazio rispetto una vasca da bagno. Tra l’altro esistono piatti doccia di ogni dimensione e dunque esistono prodotti in grado di adattarsi bene a stanze da bagno di qualsiasi tipo. Certamente, passare da una vasca da bagno ad un box doccia consente dunque di ottenere rapidamente molto più spazio.

3) Più comodità

Fare la doccia è certamente molto più comodo che usare la vasca da bagno. Con la doccia infatti rimaniamo sempre in piedi e non siamo costretti a fare determinati movimenti per accedervi come invece avviene nella vasca da bagno. Inoltre nella vasca dobbiamo sederci e poi rialzarci, il che può dare luogo anche ad eventuali incidenti domestici. Dunque per una questione di comodità e praticità la doccia è da preferire, soprattutto per quelle persone che sono un po’ più in là con l’età e che desiderano un comfort maggiore.

4) Estetica e design

I moderni box doccia sono chiaramente molto più belli da vedere rispetto le attuali vasche da bagno. Le docce moderne hanno infatti un design accattivante in grado di aggiungere valore alla tua stanza da bagno. Inoltre, grazie alla grande varietà di modelli e versioni presenti sul mercato, è molto più facile trovare qualcosa che si adatti perfettamente allo stile del tuo bagno.

5) Facilità di pulizia

Un box doccia è molto più facile da pulire rispetto una vasca da bagno. La superficie da pulire è infatti minore, ed inoltre i piatti doccia moderni sono realizzati con materiali antibatterici e antimuffa che facilitano le operazioni di pulizia. Questo è dunque un aspetto da non sottovalutare in fase di scelta: considera per questo che preferendo un box doccia ad una vasca da bagno, risparmierai anche tempo e fatica per quel che riguarda le normali operazioni di pulizia.

6) Risparmio di tempo

Oggi tutti abbiamo fretta e di conseguenza cerchiamo di completare nel minore tempo possibile tutte le operazioni quotidiane, incluse quelle che riguardano la nostra igiene. Per fare una doccia bastano appena 5 minuti, mentre il tempo necessario per fare un bagno in vasca è decisamente superiore considerando anche quello relativo al riempimento e svuotamento della vasca.

7) Velocità di installazione

Un altro fattore da considerare riguarda i tempi di sostituzione della tua vasca da bagno in box doccia. Si tratta di un’operazione che è possibile completare anche nell’arco di una sola giornata, e chiaramente non dovrai essere tu ad occuparti di questo piccolo lavoro edile ma potrai lasciar fare direttamente alla ditta che si occuperà di effettuare per te questa sostituzione.

Assoinfluencer: arriva il primo sindacato di influencer e content creator italiani

Influencer e content creator rappresentano una nuova categoria imprenditoriale in ascesa, e capace di attrarre investimenti, ma ancora poco tutelata sul piano legale. Si tratta di un esercito di 350mila professionisti solo in Italia, per un valore di mercato di 280 milioni di euro nel 2021 (+15% rispetto al 2020), e 14 miliardi a livello globale. Assoinfluencer, nata da un’idea degli avvocati Jacopo Ierussi e Valentina Salonia, e inserita nell’elenco delle Associazioni Professionali del Ministero dello Sviluppo Economico, è la prima associazione italiana di categoria che ha l’obiettivo di supportare e regolamentare proprio le figure professionali di influencer e content creator italiani.

Una nuova figura professionale in continua evoluzione

L’associazione, che ha mosso i primi passi a livello istituzionale nel 2018, è il primo sindacato che rappresenta le diverse figure professionali riconoscibili come influencer e content creator: youtuber, podcaster, streamer, instagrammer e cyber atleti.
“Quella dell’influencer è una figura nuova e che cambia tanto rapidamente quanto il mondo dei media – spiega Jacopo Ierussi, founder e presidente di Assoinfluencer -. I creator possono essere artisti e imprenditori, atleti e divulgatori, ma sono sempre professionisti, capaci di produrre valore attraverso competenze e strumenti specifici. E in quanto professionisti, in un mercato ancora non regolato, ciò che fino a oggi è mancato è esattamente una realtà che ne tutelasse diritti e interessi: Assoinfluencer è nata proprio per rispondere a questa esigenza”.

Marketing e comunicazione nella digital economy

Con la nascita di Assoinfluencer per la prima volta i creator italiani sono stati rappresentati da un’associazione sindacale, a testimonianza del crescente riconoscimento della loro professionalità e del loro ruolo nel mondo della comunicazione e del marketing. Questo ambito della digital economy non solo non è ancora attenzionato da una legislazione specifica sia sul piano fiscale sia dei compensi, ma spesso vede i suoi attori scontare un quadro giuridico poco chiaro e trasparente, nella cui costruzione l’associazione mira a coinvolgerli. Networking, tutela legale e fiscale, formazione e divulgazione, difesa dei compensi e rappresentanza istituzionale: queste le principali aree di interesse del sindacato, che ha già messo a segno alcune vittorie.

L’obiettivo è arrivare a un Codice Ateco dedicato alla categoria

L’associazione si è impegnata per l’approvazione dell’emendamento che ha portato il Governo a riconoscere la figura del creatore di contenuti digitali. Di fatto, il primo passo delle istituzioni per lo sviluppo della Creator Economy italiana, riferisce Adnkronos. Non solo, Assoinfluencer ha anche promosso la categoria attraverso Confcommercio Professioni, partecipando a tavoli di lavoro come quello interistituzionale con l’Istat per la revisione della Classificazione Nace, la classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea.
L’obiettivo è arrivare a un Codice Ateco dedicato alla categoria, intervenendo nella consultazione in materia di concorrenza ai contratti collettivi, e facendo divulgazione giuridica e socio-economica sulla creator economy.

Shopping e caro bollette: il 39% degli italiani “taglia” abiti e scarpe 

In pieno autunno ‘caldo’ dei prezzi il 39% degli italiani ha intenzione di ridurre gli acquisti di prodotti non certo voluttuari, ma sicuramente meno necessari del cibo. È quanto emerge da un sondaggio anticipato all’Adnkronos da Confesercenti. Di fatto, il caro bollette si sta abbattendo anche sulle vendite di vestiti, cappotti, borse e scarpe.
“Un calo che già si avverte nelle vendite dei negozi – afferma Benny Campobasso, presidente di Fismo – anche se per ora, ma siamo a inizio stagione, è leggero. Storicamente il mese di ottobre è tranquillo, ma se con il freddo non ci sarà una reazione sugli acquisti allora ci sarà da preoccuparsi”. Tanto che, secondo un altro sondaggio di Fismo, 11 mila negozi già pensano di chiudere l’attività.

Il 10% degli imprenditori è pronto a chiudere la propria attività

“Il 10% degli imprenditori si dichiara pronto a chiudere la propria attività di fronte agli aumenti di energia elettrica – aggiunge Benny Campobasso -. Una fetta considerevole pari a circa 11 mila piccole attività commerciali di abbigliamento, accessori e calzature”.
Una forte preoccupazione avvertita anche in casa Confcommercio. “Abbiamo i magazzini pieni di collezioni bellissime acquistate tra dicembre 2021 e gennaio 2022 – sottolinea Giulio Felloni, presidente di Federmoda Italia Confcommercio -, capi anche costosi che abbiamo comprato con aspettative ottimistiche sulla fine della pandemia, ma ora la situazione di grande difficoltà non può che preoccuparci”.

La frenata economica sta condizionando l’acquisto di abbigliamento e accessori

“L’aumento dei costi in generale e delle bollette fa sì che i consumatori siano prudenti – aggiunge Giulio Felloni – e anche se c’è una gran voglia di ritorno alla normalità, e soprattutto da parte femminile di comprare qualcosa, la frenata economica sta condizionando l’appeal di acquisti di abbigliamento e accessori”. In base a un sondaggio flash che Federmoda Italia ha svolto dal 30 settembre al 10 ottobre tra i commercianti, emerge inoltre che “le vendite sono leggermente inferiori o stabili, ma sta di fatto che molti negozi stanno pensando di chiudere anche per l’enorme aumento dei costi”.

Più a rischio i piccoli centri dove non c’è lo shopping tourist

“Ci attendiamo segnali e progetti costruttivi dal governo – sostiene ancora Felloni – lavoreremo sulla filiera dal produttore al consumatore ma pensiamo di avere una interazione con le altre associazioni: Cna, Confartigianato, Confindustria, Confesercenti per fare un ragionamento insieme e cercare di risolvere il problema della moda, un problema latente per impedire che i negozi chiudano, e poi non riaprano più. Il fenomeno riguarda alcune città, e alcuni comuni più piccoli e poco frequentati, dove non c’è lo shopping tourist. E poi – spiega Felloni – la clientela deve capire che se qualcuno compra un vestito online alimenta una concorrenza sleale, sul web infatti i costi non sono comparabili con quelli che abbiamo noi”.

Italiani sempre più cashless: ecco cosa succede

Addio contante, benvenuti pagamenti cashless. Anche gli italiani, ogni anno di più, si affidano alle carte di credito e ai sistemi digitali per saldare i loro acquisti. E, tra i “motori” di questo importante passaggio, c’è sicuramente lo sviluppo dell’e-commerce che ha portato molti nostri connazionali a cambiare abitudini in fatto di pagamenti. La fotografia dei nuovi modi di pagare nel nostro Paese e delle loro evoluzione è il focus del ventesimo Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments curato da Assofin, Ipsos e Nomisma con il contributo di CRIF. Dall’analisi emerge che nel 2021 il numero dei pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante a livello nazionale è cresciuto del +24%, incremento che sale a +29% se si considerano i pagamenti su POS con le sole carte di debito. Appare evidente che la preferenza all’uso del contante si sta progressivamente riducendo e il segmento dei cash lover risulta in ulteriore calo tra i decisori rispetto al 2021.

Aumentano le transazioni on line 

La ventesima edizione dell’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments conferma un’ulteriore evoluzione del mercato verso l’uso di strumenti alternativi al contante e un maggiore utilizzo di strumenti innovativi. “A fronte della ripresa dei consumi, il numero delle operazioni e gli importi complessivi transati con le carte di debito hanno registrato uno sviluppo significativo. Nel contesto di crescita dell’eCommerce, è proseguito l’incremento dell’incidenza delle transazioni online, che nei primi 6 mesi del 2022 arrivano a costituire il 24% delle operazioni complessive via carta opzione/rateale” si legge nel rapporto.

L’analisi della domanda

L’analisi della domanda evidenzia un incremento della frequenza d’uso e degli heavy user dei pagamenti digitali. Oltre alla crescita della frequenza d’uso mensile, nei primi sei mesi del 2022 cresce anche la spesa media mensile dichiarata con carta, che si attesta a 405 euro rispetto ai 397 euro del 2021. Anche l’utilizzo della carta di debito registra significative crescite: la media sale a 4.6 volte al mese rispetto al 4.2 del 2021. La spesa media mensile dichiarata rimane elevata e superiore a 400 euro. Il maggior ricorso ai pagamenti con carte di credito anche per modeste spese è stato facilitato, oltre che dalle iniziative di Cashback di Stato, anche dalla funzionalità contactless. Chi utilizza la funzionalità oltre 4 volte il mese è in continuo aumento e il 77% dei titolari carte contactless ha utilizzato questa modalità di pagamento più di due volte il mese, rispetto al 70% di inizio 2021. Dalle analisi condotte sui consumatori, emerge però il bisogno di maggiori rassicurazioni in tema di sicurezza. Raddoppia infatti, rispetto al 2021, l’abbandono della carta a seguito di esperienze di frodi o clonazioni, e cresce, tra i driver di sottoscrizione della carta di credito, la rilevanza dell’affidabilità del brand. Prosegue invece la diffusione della conoscenza dei pagamenti da smartphone e app, e la quota di user si è ulteriormente ampliata nei primi 6 mesi del 2022 rispetto a gennaio e agli anni precedenti. Il bacino potenziale degli m-payment è in costante e progressiva crescita e, considerando l’attuale quota di user, le potenzialità di ulteriore espansione sono elevate. 

Spreco alimentare: italiani consapevoli, ma non abbastanza

Babaco Market ha presentato i dati di una ricerca commissionata a BVA-Doxa sulle attitudini degli italiani verso lo spreco di cibo. Di fatto, il 66% consuma frutta fresca tutti i giorni, con una forte consapevolezza in merito al tema dello spreco alimentare globale. Il 96%, infatti, dichiara di averne una chiara percezione, ma solo il 43% ne conosce l’entità. L’esistenza di un divario tra conoscenza del fenomeno e comprensione della sua gravità è ulteriormente testimoniata dal fatto che un quarto degli italiani non è a conoscenza dell’impatto del fenomeno sul cambiamento climatico. Secondo le stime della FAO, a livello mondiale viene infatti perso o sprecato circa il 30% del cibo all’anno, causando il 10% delle emissioni di gas serra.

Abitudini di consumo e acquisto di frutta e verdura

Quanto ai criteri d’acquisto di frutta e verdura, la provenienza locale/italiana è il driver fondamentale per il 37%, seguito da prezzo conveniente (22%) e buon gusto (20%). Se si analizzano più da vicino le abitudini nei confronti del consumo di prodotti ortofrutticoli, il 46% del campione dichiara di sforzarsi di mangiare spesso frutta e verdura perché consapevole dei benefici per la salute. I dati sui luoghi di acquisto sottolineano, invece, un’apertura green verso canali meno tradizionali e più sostenibili. Infatti, circa il 19% usufruisce di siti/app specializzate nella vendita di prodotti ortofrutticoli almeno una volta al mese.

I buoni propositi si scontrano con la realtà

L’obiettivo dell’ONU di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030 è stato giudicato importante per quasi tutta la popolazione (97%), e l’88% lo reputa fondamentale. I buoni propositi si scontrano però con la realtà: solo 4 su 10 considerano certamente realizzabile l’obiettivo ONU e 1 su 5 crede che non sarà raggiunto.
In ambiente domestico, quasi un quarto ammette di sprecare cibo per scarsa attenzione, e nonostante la volontà generale sia quella di non buttare quasi mai nulla, il 57% ha riscontrato almeno un episodio di spreco alimentare domestico nell’ultimo mese. E a finire più spesso nel cestino sono verdura (47%), frutta (41%), pane fresco (29%), latticini (24%), cipolle, aglio e tuberi (22%).

Le azioni anti-spreco

Tra le maggiori cause dello spreco, la scarsa attenzione a consumare alimenti prima che scadano/si deteriorino (54%), una conservazione poco adeguata dei prodotti nei punti vendita (33%), l’acquisto di troppi alimenti (21%) o in formati troppo grandi (19%), e la tendenza a cucinare cibo in eccesso (9%). Al contrario, tra le principali azioni anti-spreco, il porzionamento e il congelamento del cibo (46%), dare priorità ai cibi prossimi alla scadenza (38%), acquistare prodotti durevoli/a lunga conservazione (37%), acquistare formati più piccoli (30%), l’adozione di un menu settimanale (25%) e l’acquisto su siti specializzati vs anti-spreco (8%). Positivo anche l’interesse per l’acquisto online di frutta e verdura esteticamente imperfetta, e in grado di supportare il Made in Italy: il 50% è molto attratto da questa possibilità.

Come e quando finirà la pandemia da Covid-19?

Da ormai oltre due anni il Covid-19 caratterizza la nostra vita e le nostre attività quotidiane, e tutti ci stiamo chiedendo quando usciremo in via definitiva da questa pandemia globale. Già a dicembre 2021, il sondaggio internazionale Ipsos condotto in 33 Paesi, ha esplorato le prospettive degli intervistati sul tanto agognato ritorno alla normalità post-Covid. Dall’inizio della pandemia, il team Public Affairs di Ipsos indaga infatti le opinioni degli italiani in merito all’emergenza Covid-19. In particolare, il livello di preoccupazione per le conseguenze, come e quando finirà la pandemia, il punto di vista sui vaccini e la campagna vaccinale, e le opinioni su Green Pass e Super Green Pass. E ora Ipsos ha pubblicato i risultati del 9° monitoraggio.

Le ultime notizie in Italia

Secondo l’ultima rilevazione, il 12% degli intervistati dichiara che la pandemia è praticamente finita (-1% rispetto al mese scorso), il 48% (+3%) ritiene che il Covid-19 con le giuste precauzioni non rappresenti più una minaccia, il 29% (-3%) si reputa invece ancora attento, sostenendo che il virus rappresenti tuttora una minaccia, nonostante se ne parli di meno. Invariata invece la quota di italiani, pari a poco più di uno su cinque, che oggi vive il Covid come una minaccia ‘elevata o molto elevata’ per sé o per i propri familiari. Calano però di qualche punto quanti si ritengono maggiormente tranquilli, e aumenta la quota di mancate risposte al sondaggio. Quanti ritengono che il peggio della pandemia sia definitivamente alle nostre spalle restano poco meno del 60% (58%, -1%), i più pessimisti (‘il peggio deve ancora arrivare’) sono fermi all’8% e aumentano di 5 punti le mancate risposte.

Dubbi in aumento sulla fine di ogni preoccupazione

Risale poi di qualche punto la previsione che nelle prossime settimane i contagi possano di nuovo tornare a crescere (44%, +4%), laddove il 39% (-8%) esclude l’eventualità, e anche in questo caso, aumentano le mancate risposte (17%, +4%). Dubbi in aumento anche riguardo all’orizzonte temporale in cui gli intervistati collocano in media la previsione della fine di ogni preoccupazione per il Covid-19. Sale infatti dall’11% al 20% la quota di mancate risposte: tra quanti si sbilanciano in una previsione diminuisce la media dei mesi indicati, tornando ai 16,2 mesi pronosticati ad aprile.

La pandemia oggi 

Scende inoltre di un paio di punti percentuali (15%) la quota di intervistati che dichiara di non conoscere nessuno che abbia contratto il virus in questi due anni e oltre di pandemia.
Ritenuta inevitabile da molti esperti virologi, gli intervistati continuano a dividersi tra quanti ritengono il mondo e l’Italia sufficientemente pronti ad affrontare una nuova pandemia e quanti, al contrario, sono pessimisti in proposito. Una quota che resta leggermente più alta rispetto agli ottimisti.

Cloud e lavoro a distanza guidano la resilienza digitale

Quali sono le preoccupazioni, le sfide e le priorità tecnologiche delle organizzazioni nell’era post-pandemica? Risponde la ricerca di A10 Networks, Enterprise Perspectives 2022, condotta da Opinion Matters su 2.425 professionisti senior di applicazioni e reti di dieci aree geografiche, tra cui l’Italia. L’aumento del traffico di rete ha aggravato le sfide che le organizzazioni si trovano ad affrontare: l’86% delle organizzazioni italiane e francesi registra un aumento dei volumi del traffico di rete negli ultimi 12 mesi. Aumento che nei due Paesi è risultato leggermente superiore (53%) alla media mondiale (47%). Quanto al futuro ambiente di rete, il 79% delle organizzazioni italiane e francesi dichiara che sarà basato sul cloud, con il 26% che indica il cloud privato come ambiente preferito. Tuttavia, le organizzazioni italiane e francesi non sono rassicurate dai loro fornitori di servizi, con il 40% che dichiara che non riescono a soddisfare i loro SLA.

Le minacce informatiche sono in aumento

Delle 250 organizzazioni intervistate in Italia e Francia, il 95% mostra alti livelli di preoccupazione per gli aspetti della resilienza digitale aziendale. Inoltre, le aziende italiane e francesi sono estremamente preoccupate per gli accessi da remoto negli ambienti ibridi, dimostrando elevata consapevolezza sull’importanza di bilanciare sicurezza e accesso dei dipendenti alle applicazioni vitali dell’impresa. Rispetto ad altre aree, gli intervistati italiani e francesi sono più preoccupati per la perdita di dati e beni sensibili in caso di un attacco informatico. Altre preoccupazioni riguardano il ransomware, i potenziali tempi di inattività o di blocco in caso di attacco DDoS e l’impatto su marchio e reputazione.

Uno spostamento verso approcci Zero Trust

In risposta a queste preoccupazioni, la ricerca evidenzia uno spostamento verso approcci Zero Trust, con il 32% delle organizzazioni italiane e francesi che dichiara di aver già adottato un modello Zero Trust negli ultimi 12 mesi e il 13% che intende adottarlo nei prossimi 12. Sebbene si sia verificato un cambiamento infrastrutturale per supportare il lavoro distribuito da casa e da remoto, il 70% delle organizzazioni dell’Europa meridionale afferma che tutti o la maggior parte dei dipendenti lavoreranno in ufficio nel lungo periodo, rispetto a una media del 62% globale. Solo l’11% afferma che una minoranza o nessun dipendente lavorerà dall’ufficio. Un dato in contrasto con le previsioni del passaggio all’azienda perennemente ibrida, con i professionisti di applicazioni e reti che si aspettano il riaffermarsi della vecchia normalità.

Le priorità di investimento nelle tecnologie

In termini di priorità di investimento, le tecnologie blockchain sono indubbiamente diventate maggiorenni: il 37% delle organizzazioni italiane e francesi dichiara di averle implementate negli ultimi 12 mesi. Inoltre, il 36% dichiara di aver implementato tecnologie di deep observability e connected intelligence, oltre ad AI e machine learning. Guardando al futuro, è probabile che l’adozione di iniziative di cybersecurity aumenti, compresi i modelli Zero Trust. Ci si aspetta quindi un’implementazione più diffusa, man mano che le organizzazioni aziendali comprenderanno i vantaggi che ne derivano.

Quanto vale la Sanità digitale in Italia?

Nell’ultimo anno in Italia la spesa per la Sanità digitale è cresciuta del 12,5% rispetto al 2020, arrivando a 1,69 miliardi di euro, l’1,3% della spesa sanitaria pubblica. Una crescita superiore a quella degli ultimi anni, ma non ancora sufficiente a colmare il ritardo accumulato.
Secondo la ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, oggi il digitale è molto utilizzato dagli italiani per cercare informazioni in ambito salute. Il 53% ha utilizzato internet per identificare possibili diagnosi sulla base dei sintomi e il 42% per cercare informazioni su sintomi e patologie anche prima di una visita. Inoltre, il 73% di chi ha utilizzato Internet dichiara di prendere decisioni sulla salute basandosi sulle informazioni trovate online. 

Gli ambiti su cui investire

La trasformazione digitale della Sanità potrebbe arrivare grazie agli investimenti previsti dal PNRR, che assegna a riforme e investimenti nel settore Salute l’intera Missione 6, con 15,63 miliardi di euro di risorse. I Direttori delle aziende sanitarie ritengono molto rilevante l’attuazione degli interventi identificati nelle linee di indirizzo del PNRR, ma il 46% denuncia come ci sia ancora poca chiarezza su come utilizzare le risorse in gioco. Sarà quindi importante definire la strada corretta per supportare al meglio l’evoluzione verso il modello della Connected Care In ogni caso, il 60% delle aziende sanitarie ha intenzione di investire nella Cartella Clinica Elettronica, il 58% nella Telemedicina, e per il 47% dei Direttori sanitari sarebbe prioritario investire nel Fascicolo Sanitario Elettronico.

Una nuova forma di comunicazione tra medico e paziente

Se la pandemia ha influito decisamente sulla conoscenza e l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxapharma, emerge che il 55% dei cittadini ne ha sentito parlare almeno una volta e il 33% lo ha già utilizzato. Tra i pazienti cronici o con problematiche gravi, le percentuali di conoscenza e utilizzo dello strumento sono ancora più elevate, l’82% lo conosce e il 54% lo ha utilizzato. Ma soprattutto, il digitale si è ormai affermato nella comunicazione tra professionista sanitario e paziente. Il 73% degli specialisti, il 79% dei MMG e il 57% degli infermieri utilizza app di messaggistica per comunicare con i pazienti, molto interessati al loro uso soprattutto per la rapidità con cui è possibile ricevere risposte.

Le competenze della Connected Care

Il 38% delle Direzioni Strategiche delle aziende sanitarie indica la mancanza di competenze digitali come barriera all’innovazione. Guardando alle Digital Soft Skills, la competenza maggiormente presidiata dai professionisti sanitari è legata alla capacità di comunicare in modo efficace con i colleghi utilizzando strumenti digitali. Per i medici sono da sviluppare le competenze di e-leadership, relative alla gestione del cambiamento e alla valutazione dei risultati dei progetti, aspetti chiave nel processo di trasformazione digitale. Per gli infermieri, invece, è migliorabile l’efficacia della comunicazione attraverso strumenti digitali con i pazienti, ancora più cruciale per poter utilizzare strumenti di Telemedicina.