Le imprese estere in Italia generano 1/5 del fatturato industria e servizi

Sono 15.779 le imprese a controllo estero in Italia. Ma se corrispondono solo allo 0,4% del totale delle imprese residenti, rappresentano un driver fondamentale di crescita del sistema produttivo e dell’economia del nostro Paese. Generano infatti da sole il 19,3% del fatturato nazionale del settore dell’industria e dei servizi, pari a 624 miliardi di euro. E nel decennio 2009-19 il numero degli occupati delle multinazionali estere è cresciuto del 23,6% (+289mila addetti), raggiungendo 1,5 milioni di dipendenti, l’8,7% del totale degli occupati delle imprese a livello nazionale. Lo rileva il report Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività, dell’Osservatorio Imprese Estere, nato per iniziativa dell’Advisory Board Investitori Esteri (Abie) di Confindustria.

Quasi il 70% di incremento del valore aggiunto

Sempre nel periodo 2009-19, le imprese estere hanno registrato un incremento del valore aggiunto di quasi il 70%, passando dai 79 miliardi di euro del 2009 ai 134 miliardi di euro del 2019 (+55 miliardi), con una crescita anche della quota sul totale del Paese, passata dal 12,6% al 16,3%. Significa che le imprese estere hanno contributo quasi al 30% dell’incremento del valore aggiunto nel decennio considerato. Altrettanto rilevante anche l’apporto di queste imprese agli scambi commerciali con l’estero, toccando quasi un terzo (32%) delle esportazioni, e oltre il 46% delle importazioni realizzate dal complesso delle imprese residenti in Italia.

Una significativa propensione a investire e innovare

Le multinazionali a capitale estero si distinguono poi per una significativa propensione a investire nel Paese e a innovare, fornendo un importante impulso al settore Ricerca & Sviluppo, grazie all’investimento complessivo di 4,3 miliardi di euro nel 2019, pari al 26% del totale della spesa per la ricerca privata realizzata in Italia.
Le imprese estere operano prevalentemente in settori con tecnologia più elevata e partecipano al trasferimento tecnologico da e verso le imprese domestiche, che sono incentivate all’introduzione di nuovi processi produttivi e al miglioramento delle competenze. Inoltre, spesso assumono il ruolo di lead firm anche sui segmenti della filiera produttiva non direttamente integrati all’interno del perimetro societario. Le maggiori dimensioni e l’appartenenza a Gruppi con sedi in diversi Paesi non solo rendono le multinazionali complementari rispetto al tessuto industriale italiano, ma favoriscono l’internazionalizzazione del sistema produttivo del Paese.

Forte sensibilità ai temi della sostenibilità ambientale

L’organizzazione manageriale tipica delle multinazionali, riporta Adnkronos, è un fattore particolarmente rilevante ai fini di una migliore capacità di gestione di investimenti complessi. Non sorprende pertanto se grazie al loro assetto organizzativo e alla loro presenza internazionale, le multinazionali si contraddistinguano anche per una forte sensibilità ai temi della sostenibilità ambientale. Questi elementi, uniti a una naturale disposizione a flessibilità e innovazione, rendono le imprese a controllo estero resilienti di fronte alle sfide di oggi e del futuro: dalla riorganizzazione delle modalità lavorative fino alla transizione ecologica e digitale.